"Lo sposalizio del mare" è la cerimonia celebrata a Venezia il giorno dell'Ascensione dal Doge. Nel XVI secolo lo sposalizio del mare rappresentava il culmine della liturgia di Stato.
All'alba del giorno dell'Ascensione, il Doge, incaricato dei preparativi, stabiliva se era possibile formare un corteo di barche in base allo stato di calma o meno del mare. Se così era, egli otteneva l'anello cerimoniale, noto come vera, dai funzionari delle Ranson vecchie ed annunciava dunque l'inizio della "Sensa". Dopo la celebrazione della messa in S.Marco, il Doge, gli altri magistrati e gli ambasciatori stranieri si imbarcavano sul Bucintoro.
Vicino al Convento di S.Elena, il Patriarca sulla sua barca a fondo piatto si univa al corteo delle navi; a questo punto iniziavano i riti religiosi della benedictio, per cui mentre due canonici cantavano liriche religiose, il Patriarca benediceva le acque. L'imbarcazione patriarcale, poi, si accostava al Bucintoro ducale e girando intorno a quest'ultima, il Patriarca, munito di un ramoscello di ulivo, benediceva il Doge. L'effettivo sposalizio aveva, però, luogo solo quando il corteo raggiungeva il punto della laguna in cui Venezia si apre all'Adriatico; ad un segnale da parte del Doge, il Patriarca vuotava in mare una grossa ampolla di acqua Santa e contemporaneamente il Doge faceva cadere in mare il suo anello accompagnando il gesto dalle seguenti parole: "Desponsamus te Mare, in signum veri perpetique dominii" ovvero "In segno di eterno dominio, Noi, Doge di Venezia, ti sposiamo oh Mare".
Dopo la cerimonia dello sposalizio, il Doge ed i suoi ospiti si fermavano a San Nicolò al Lido, per pregare e per un banchetto che durava fino a sera.
Spiegando la cerimonia della "Sensa" i Veneziani del XVI secolo enfatizzavano tre aspetti:
- l'anello come segno del favore papale;
- lo sposalizio come simbolo del dominio Veneziano;
- la benedizione come atto propiziatorio.
Al giorno d'oggi la Festa della Sensa continua a sopravvivere seppure in forma minore; il Sindaco, nel giorno dell'Ascensione, raggiunge a bordo della "Bissona Serenissima" la bocca di porto San Nicolò al Lido dove lancia in mare la vera d'oro, ancor oggi simbolo dell'eterna unione fra Venezia ed il mare.
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